F. Ferrara e S. Chiaretti
Nell’ultimo congresso ASH tenutosi a S. Francisco dal 5 al 9 dicembre 2014, in tema di leucemia acuta linfoblastica (LAL) sono stati presentati interessanti dati clinici e biologici.
Studi clinici
Stock e collaboratori (Abs # 796 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper70905.html ) hanno riportato i risultati di uno studio prospettico statunitense nel quale pazienti con LAL di età compresa tra 16 e 39 anni sono stati trattati con un protocollo pediatrico (COG AALL0232) derivato dall’esperienza del Children Oncology Group (COG). L’età mediana alla diagnosi era di 24 anni, il 76% dei pazienti aveva una LAL-B ed il 32% era obeso. La mortalità in induzione è stata del 2%, la sopravvivenza a 2 anni del 78% e la event-free survival (EFS) del 66%. I dati si raffrontano molto favorevolmente con il precedente protocollo del gruppo, in cui era stata adottata una terapia meno intensiva. Globalmente, la tossicità è risultata accettabile, con l’eccezione di iperbilirubinemia ed incremento degli episodi trombotici. È da rilevare che nei pazienti con malattia minima residua (MRD) negativa al giorno +28 dall’induzione, la EFS è stata del 100%. Fattori prognostici negativi sono risultati la leucocitosi >30.000/mmc, la presenza di un assetto genetico “Ph-like” e l’età superiore a 20 anni. Altro fattore rilevante di prognosi è una MRD positiva al giorno 28. Gli autori concludono che un approccio “pediatric like” è sicuramente possibile in una popolazione di giovani-adulti con LAL e che vanno considerati approcci differenti per i pazienti con LAL Ph-like e con MRD positiva al termine della terapia di induzione.
Nelle LAL-T, Wood e colleghi (Abs # 1 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper68699.html ) hanno riportato i risultati dello studio AALL0434 del COG, che ha arruolato più di 1100 pazienti con LAL-T ed era basato su una stratificazione dipendente dai livelli di MRD al giorno +29. Centotrenta pazienti sono stati classificati come Early Thymic Precursor (ETP) (11,3%), 195 come near-ETP (ETP, CD5 high; 17%) ed i rimanenti come not-ETP (71,6%). Gli autori dimostrano che i casi con ETP e near-ETP hanno un maggior tasso di fallimenti in induzione e più frequentemente una MRD+ al giorno +29, ma ciò non si traduce in una peggiore EFS ed overall survival (OS). Si conclude che un approccio basato su una stratificazione dipendente da MRD può abrogare l’impatto prognostico negativo del fenotipo ETP.
Immunoterapia della LAL
Per ciò che concerne gli approcci immunoterapeutici, Goekbuget e coll. (Abs #379 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper67851.html ) hanno riportato i risultati finali dello studio “BLAST”, un trial di fase II per pazienti con LAL e MRD positiva, trattati con anticorpo monoclonale blinatumumab (Blina). E’ da sottolineare che questo anticorpo bispecifico è stato recentemente approvato dalla FDA per la terapia della LAL di origine B Ph- in recidiva o refrattaria. Nello studio BLAST sono stati arruolati 116 pazienti, dei quali 75 (65%) erano in prima remissione completa (RC), 39 (34%) in seconda RC e 2 (2%) in terza RC. Globalmente, la percentuale di negativizzazione della MRD è stata del 78%, 82% in RC1, 75% in RC2 e 50% in RC3. E’ da rilevare che oltre il 90% dei pazienti ha ottenuto la risposta dopo il primo ciclo. Lo studio BLAST è il primo trial mirato alla MRD e dimostra che un anticorrpo monoclonale bispecifico di tipo “BITE” può migliorare la prognosi dei pazienti con LAL ad alto rischio MRD positivi.
Grupp e coll. ( Abs # 380 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper69932.html ) hanno descritto i risultati ottenuti in un gruppo di 30 pazienti con LAL in recidiva trattati con la piattaforma terapeutica CART (cellule T ingegnerizzate per riconoscere l’antigene CD19 su blasti di LAL). Sono stati arruolati 30 pazienti pediatrici, 26 dei quali hanno ricevuto una terapia linfo-depletante prima dei CART per indurre tolleranza immunologica. La dose di cellule T infuse variava da 107 a 108/kg con efficienza di trasduzione dell’11-45%. La percentuale di RC è stata del 90% con negativizzazione MRD dell’85%. Tutti i pazienti hanno manifestato una sindrome da rilascio citochinico (CRS), che ha richiesto nel 37% dei casi terapia con l’anticorpo monoclonale tocilizumab in associazione a cortisone per instabilità emodinamica o respiratoria. Questa sindrome era in stretta correlazione con alti livelli di leucociti pre-terapia. Interessare notare che le cellule CART erano evidenziabili anche nel liquor dei pazienti trattati, suggerendo un effetto anti-leucemico anche nei “santuari”. E’ da sottolineare che in 24 casi in recidiva dopo trapianto allogenico sono stati sempre utilizzati linfociti di origine dal donatore e non vi sono stati episodi di GVHD.
Park e colleghi (Abs #382 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper76573.html ) hanno usato le CART in 24 pazienti adulti (età mediana 56 anni); 6 (25%) erano Ph+, 6 avevano già ricevuto procedure trapiantologiche ed 11 avevano ricevuto 3 o più linee di chemioterapia. Venti (91%) pazienti hanno ottenuto la RC e 18 (90%) hanno ottenuto la MRD negatività. Sono stati trapiantati 10 su 13 (77%) pazienti eleggibili. Il follow-up mediano è di 7,4 mesi e l’OS mediana è di 9 mesi. La cytokine release syndrome (CRS) è stata osservata in 9/13 pazienti con malattia conclamata ed ha richiesto l’impiego dell’antagonista dell’IL-6R o corticosteroidi. Il picco dei livelli dell’IL-6 correlava con lo sviluppo dei sintomi neurologici. Complessivamente, questi dati dimostrano il potenziale terapeutico delle CART nella LAL, sebbene con tossicità che possono limitarne l’impiego clinico.
Infine, Jabbour et al (Abs #794 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper70208.html ) hanno trattato pazienti anziani (≥60 anni) con una combinazione di mini-hyper-CVD, rituximab e inotuzumab come terapia di prima linea. Sono stati arruolati 27 pazienti, di cui 26 erano valutabili per la risposta: 25 (96%) hanno ottenuto una risposta (21 RC e 4 RP). Nei pazienti in RC, è stata ottenuta anche una MRD negatività. La tossicità era importante. Venti (74%) pazienti sono vivi in RC con un follow-up mediano di 13 mesi e 7 sono deceduti (26%). Gli autori concludono che questa combinazione è fattibile e mostra risultati promettenti, migliori dei controlli storici.
LAL Ph+
Per ciò che riguarda le LAL Ph+, il gruppo GIMEMA (Chiaretti et al, Abs #797 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper73362.html ) ha riportato i primi risultati del protocollo 1509 disegnato per il trattamento di pazienti adulti (età 18-60 aa) affetti da LAL-Ph+, basato sulla somministrazione di dasatinib (e steroidi) come terapia di induzione, seguita da una terapia di consolidamento stratificata in base alla risposta molecolare al giorno +85: i pazienti che ottenevano una risposta molecolare completa (CMR) continuavano il trattamento con dasatinib, mentre i pazienti che ottenevano una risposta morfologica, ma non molecolare, venivano sottoposti a procedure trapiantologiche, se eleggibili al trapianto (con o senza un ciclo di consolidamento, a seconda della possibilità di effettuare tale procedure entro 40 giorni), o, in alterativa, a 2 cicli di terapia di consolidamento se non eleggibili. Sono stati arruolati 64 pazienti, di cui 60 valutabili. La risposta morfologica è stata ottenuta nel 97% dei casi, senza morti in induzione, e la risposta molecolare nel 19% dei casi. Come atteso, i pazienti che hanno ottenuto una CMR presentavano una riduzione della MRD più rapida, già a partire dal giorno +22; inoltre, vi era una differenza statisticamente significativa nella riduzione della MRD tra i casi p190 e p210. La disease-free survival (DFS) e l’OS a 18 e 24 mesi, sono state del 71,9% e 64,1%, rispettivamente. La DFS a 18 mesi è stata dell’88,9% per i pazienti che ottengono una risposta molecolare al termine dell’induzione; i pazienti con p210 sembrano avere un andamento più sfavorevole. Questi ultimi, inoltre, presentano un tasso di recidive più alto (68% vs 32%). Gli autori concludono che tale approccio è fattibile: i risultati preliminari mostrano una DFS ed OS estremamente promettente; inoltre, dimostrano che un subset di casi può ottenere risposte molecolari durature anche con il solo dasatinib (più steroide) mentre, al contrario, i pazienti con la proteina di fusione 210 dovrebbero essere trattati in maniera più intensiva.
Il gruppo dell’MD Anderson (Jabbour e coll,Abs #2289 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper68300.html ) ha riportato i risultati di uno studio di fase 2 di associazione di chemioterapia HYPERCVAD + PONATINIB in pazienti con LAL Ph+. Sono stati trattati 36 pazienti con percentuali di RC del 100%. Inoltre, il 95% ha ottenuto una risposta molecolare maggiore ed il 70% una risposta molecolare completa. A 2 anni, non vi è stata alcuna recidiva, ma il 14% dei pazienti è deceduto per tossicità. Le conclusioni sono che l’associazione è fattibile, ma è necessaria una riduzione del ponatinib a 30 mg dopo l’induzione ed a 15 mg in tutti i pazienti con risposta molecolare completa.
Biologia delle LAL
Dal punto di vista biologico, Charles Mullighan (pag 174 dell’Educational Book) ha riportato una visione d‘insieme delle LAL del bambino e del giovane adulto, che attualmente riconosce numerosi “nuovi” sottogruppi: 1) i cosiddetti BCR/ABL-like, che comprendono al loro interno numerose lesioni, tra cui quelle coinvolgenti i geni della famiglia di ABL, i riarrangiamenti a carico dei geni JAK2/EPOR, i riarrangiamenti di CRLF2 e di altre tirosin chinasi. In tutti i casi, l’importanza di riconoscere questo gruppo risiede nel fatto che questi pazienti potrebbero giovarsi di trattamenti basati sugli inibitori delle tirosin chinasi (imatinib, dasatinib, ruxolitinib); 2) I pazienti con cariotipo ipodiploide ed aploide, caratterizzati, oltre che da un ridotto numero cromosomico, anche da lesioni coinvolgenti IKZF2, TP53, NRAS, KRAS ed FLT3 ed un andamento clinico sfavorevole; 3) I casi iAMP21 (2% circa), caratterizzati da un andamento clinico sfavorevole e la presenza di riarrangiamenti complessi; 4) I casi con delezioni del gene ERG, spesso concomitanti alle lesioni di IKZF1, ma con significato prognostico favorevole; 5) Nelle LAL-T, i casi ETP, che presentano un immunofenotipo ed un profilo trascrizionale tipico, e la presenza di lesioni ricorrenti nei geni coinvolti nello sviluppo emopoietico, nel pathway di RAS e nei geni coinvolti nel rimodellamento genico. E’ stato inoltre messo in evidenza come anche nelle LAL vi possano essere alterazioni dei meccanismi epigenetici, con potenziali conseguenze clinico-terapeutiche. Infine, è stato dimostrato come l’analisi combinata di campioni alla diagnosi ed alla recidiva evidenzi subcloni che sono già presenti alla diagnosi in quota minima e vengano successivamente “selezionati” dalla terapia.
Per ciò che riguarda le LAL dell’adulto, il gruppo GRAAL (Pochitaloff et al, Abs #492 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper68431.html ) ha valutato le aberrazioni cariotipiche di 946 LAL Ph-, di cui 857 valutabili (542 B- e 315 T-ALL). Nelle LAL-B, oltre alle aberrazioni convenzionali, i.e. i riarrangiamenti di MLL e TCF3-PBX1, le lesioni ricorrenti erano un cariotipo ipodiploide (6%) o iperdiploide (7%), le anomalie della regione 14q32 (5%), e raramente ETV6-RUNX1 ed iAMP21 (0,4% e 0,6%). Nelle LAL-T, la maggior parte dei casi ricadeva nei gruppi: TLX1 (20%), con lesioni di 14q11 o 7q34 (10%), TLX3 (9%), con PICALM-MLLT10 (4%), e delezioni SIL-TAL (6%). Nelle LAL-B, oltre ad un aumento dei fallimenti terapeutici nei casi con riarrangiamenti di MLL, è stata osservata una EFS più breve nei casi ipodiploidi, con monosomie ed anomalie della regione 14q32. Nelle LAL-T, una migliore prognosi era associata alla presenza di aberrazioni di TLX1, ed una prognosi peggiore per i casi PICALM-MLLT10+ e quelli a cariotipo complesso.
L’analisi delle aberrazioni genetico-molecolari in una casistica composta da 215 casi con LAL-B (sia pediatrici che adulti) (Hernández-Rivas et al, Abs #1082 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper73043.html), ha rivelato la presenza di alterazioni a carico di IKZF1, CRLF2, PAX5, LEF1, JAK2 e TP53, che erano variamente distribuite tra sottogruppi. Viene confermato l’impatto prognostico della delezione di IKZF1, e la maggior ricorrenza delle suddette alterazioni nei gruppi ad alto rischio.
Il ruolo di IKZF1 è stato ulteriormente valutato in una casistica di 162 adulti cinesi (Qiumei Yao et al, Abs #1075 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper68218.html ) affetti da LAL-B (comprendenti anche casi BCR/ABL+): la delezione è stata identificata nel 48,8% dei casi, con prognosi significativamente inferiore, tanto nei pazienti ad alto che a basso rischio. L’impatto prognostico rimane nei casi trattati con sola chemioterapia, mentre il ruolo della delezione perde significatività nei pazienti che ricevono procedure trapiantologiche.
Lo studio di IKZF1, di lesioni citogenetiche addizionali (PAX5, CDKN2A, CDKN2B e delezioni della regione peusoautosomica-PAR1) e della presenza della delezioni di ERG in 1100 bambini arruolati nei protocolli AIEOP-BFM (Dagdan et al, Abs #131 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper70527.html ), conferma l’impatto prognostico di IKZF1 e dimostra che i pazienti con alterazioni aggiuntive e assenza della delezione di ERG (definiti IKZF1 plus) hanno la prognosi peggiore. Pertanto, è possibile meglio rifinire i sottogruppi pediatrici a prognosi più sfavorevole.
Infine, Lana e colleghi (Abs #3785 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper69180.html ) hanno dimostrato che IKZF1 può essere colpito non solo da delezioni, ma anche da mutazioni: sono stati valutati 98 bambini affetti da LAL Ph+, e le mutazioni sono state identificate in 12 casi (12%). Complessivamente, le mutazioni aiutano ad identificare un altro piccolo sottogruppo di pazienti con alterazioni del gene.
Un altro pathway, il cui significato sta emergendo, è rappresentato dal pathway di RAS (Yu et al, Abs #2397 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper70357.html ): queste mutazioni, valutate in 146 campioni di LAL pediatriche alla recidiva, sono state identificate nel 30% dei casi. Alla diagnosi, il 43% era già presente e un’analisi di “subcloning” ha rivelato la presenza delle stesse nel 79% dei casi. Complessivamente, quindi, questi dati mostrano che queste mutazioni potrebbero conferire resistenza e dare origine al clone emergente alla recidiva.
Per quanto riguarda i casi BCR/ABL-like, è stata confermata un’associazione con le alterazioni di IKZF1, l’iperespressione di CRLF2, la presenza del riarrangiamento IGH-CRLF2 e le mutazioni di JAK2 anche in una casistica adulta (Herold et al, Abs #3787 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper69671.html ) composta da 306 pazienti (26 BCR/ABL-like). E’ stata altresì dimostrata una ridotta OS. Sono state inoltre descritte due nuove lesioni: Iacobucci et al (Abs #128 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper73270.html ) hanno dimostrato che il 5,2% di casi presenta riarrangiamenti del gene EPOR con il gene IGH o IGK. Da un punto di vista funzionale, questa alterazione determina la perdita del sito che ne regola l’attività e mantiene il sito fosforilante di STAT5; può essere evidenziabile mediante valutazione dei livelli di espressione (Q-PCR) del gene stesso. Va rilevato che le cellule che presentano questa alterazione rispondono al trattamento con ruxolitinib. Schwab et al (Abs #1068 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper74225.html ) hanno valutato il riarrangiamento EBF1-PDGFRB, riscontrato in 14 casi pediatrici: in 11 era sostenuto da una delezione della regione 5q33 ed in 3 da una traslocazione bilanciata, riscontrata nell’8% dei casi pediatrici. Tra questi, vi era una predominanza del sesso femminile ed età >10 anni. Da un punto di vista clinico, questi casi tendevano ad avere persistenza di MRD al g +29, ma, se trattati intensivamente, non vi era svantaggio prognostico. Tuttavia, considerando che questi casi sono sensibili all’imatinib, si suggerisce che l’introduzione del suddetto farmaco potrebbe ridurre la necessità di trattamenti ad alte dosi.
Per ciò che concerne le LAL-T pediatriche Karrman et al (Abs #1084 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper69126.html ) hanno valutato 47 casi mediante cariotipo convenzionale, FISH, SNP e l’analisi mutazionale di 75 geni. Le alterazioni genetiche più ricorrenti erano rappresentate da traslocazioni del TCR e delezioni 6q e 9p. L’analisi degli SNP ha rivelato lesioni nel 95% dei casi, con frequente coinvolgimento di CDKN2A, CDKN2B, LEF1, PTEN, RBI e STIL. Le mutazioni più frequenti erano a carico del gene NOTCH1, in alcuni casi presenti in subcloni alla diagnosi e non più evidenti alla recidiva, e di geni coinvolti nella trasduzione del segnale, nella regolazione epigenetica e nella trascrizione.
Per comprendere l’evoluzione nella patogenesi della LAL-T (Kunz et al, Abs #491 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper71137.html ), 13 casi pediatrici sono stati studiati alla diagnosi, alla remissione ed alla recidiva, mediante multiplex ligation-dependent probe amplification (MLPA), saggi di metilazione (Illumina 450k array), whole exome sequencing (WES) e deep-sequencing. Il profilo di metilazione non era differente nei diversi stadi della malattia; al contrario, il numero delle varianti nucleotidiche, così come il numero delle inserzioni e delle delezioni, era maggiore alla recidiva. Le mutazioni coinvolgevano NOTCH1, FBXW7, PHF6, WT1, PTEN, NRAS, STAT5B. Mediante deep-sequencing, è stato possibile definire due profili mutazionali: “mutazioni de novo”, acquisite alla recidiva, e mutazioni già presenti come subcloni alla diagnosi, che si sono successivamente espanse e che presumibilmente rappresentano la causa della ripresa di malattia. Inoltre, è stato dimostrato che l’iperespressione di CRFL2, che è stato ampiamente analizzato nelle LAL-B, rappresenta un marcatore di prognosi sfavorevole anche nelle LAL-T: lo studio è stato condotto su circa 200 casi pediatrici (Palmi et al, Abs #1071 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper75334.html ).
Jenkinson e colleghi (Abs #1077 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper69956.html ) hanno, infine, valutato se le alterazioni di PTEN stratifichino ulteriormente i pazienti con lesioni di NOTCH1/FWB7. Lo studio di 145 casi trattati nel protocollo MRC UKALL2003 ha evidenziato mutazioni in 21 casi (14%), che coinvolgevano gli esoni 5, 6 e 7; la maggior parte dei casi presentava doppie mutazioni. Inoltre, sono state evidenziate delezioni complete o parziali nel 10% dei casi. PTEN non aveva un impatto prognostico, né in termini di risposta alla terapia di induzione, né di EFS ed OS.
In ultimo, particolare attenzione è stata data all’analisi delle varianti polimorfiche che predispongono all’insorgenza della leucemia. Walsh et al (Abs #127 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper73081.html ) hanno analizzato l’incidenza di varianti germinali con possibile significato patologico in un’ampia coorte di bambini con neoplasie – ematologiche e non – focalizzandosi inizialmente su 31 geni, e successivamente estendendo l’analisi su un totale di 565 geni. Varianti germinali con potenziale significato patologico sono state identificate nel 16% di tumori solidi, 21% di tumori cerebrali e nel 3,9% delle leucemie. I geni più frequentemente alterati sono TP53, APC e BRCA2. de Smith e colleghi (Abs #129 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper73342.html ) hanno analizzato la correlazione tra la delezione di CDKN2A e due polimorfismi contenuti nella stessa regione cromosomica: rs3731249e rs3731217; vi è una associazione specifica con la leucemia piuttosto che con altri tumori. Inoltre, gli autori hanno dimostrato che vi è un fenomeno di sbilancio allelico.
Perez-Andreu et al (Abs #132 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper68033.html ) hanno dimostrato che la presenza di due polimorfismi del gene GATA3 (rs3824662, ed rs3781093) è favorente lo sviluppo di LAL negli adolescenti e giovani adulti (AYA), con un incremento della frequenza del rischio con il progredire del’età. Infine, il valore del polimorfismo rs2239635, a carico di CEBPE, è stato analizzato da Walsh et al (Abs #489 – link: https://ash.confex.com/ash/2014/webprogram/Paper76577.html ) in una coorte di bambini ispanici con LAL: gli autori dimostrano un aumentato rischio di sviluppare leucemia, in particolare nei casi con cariotipo iperdiploide, e che questo SNP altera il sito di legame per il fattore di trascrizione IKAROS, aumentando in ultimo il rischio di sviluppare leucemia. Complessivamente questi dati corroborano il fatto che la LAL sia in parte sostenuta da meccanismi predisponenti: rimane come quesito aperto come applicare nella pratica clinica queste nuove acquisizioni; cionondimeno, è ipotizzabile che pazienti con questa predisposizione potrebbero/dovrebbero essere seguiti più a lungo nel tempo per un aumentato rischio di sviluppare secondi tumori.