L’efficacia dei cosiddetti “nuovi farmaci “ (immunomodulanti e inibitori del proteosoma) nel trattamento del mieloma multiplo (MM) ha messo in discussione alcune delle certezze consolidate nella gestione di questa patologia e richiede la valutazione di nuovi paradigmi che permettano l’utilizzo ottimale delle potenzialità di questi agenti in uno scenario terapeutico profondamente modificato. Due nuovi studi randomizzati pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine approfondiscono alcuni di questi aspetti.
Il ruolo del trapianto autologo rispetto alla chemioterapia convenzionale e del mantenimento con lenalidomide sono stati indagati in uno studio di fase 3 (Palumbo A. et al. N Engl J Med, 2014;371:895-905) su 273 pazienti con MM di età ≤ 65 anni, randomizzati a ricevere dopo induzione un consolidamento con melphalan ad alte dosi più trapianto autologo o chemioterapia con melphalan-prednisone-lenalidomide (MPR), seguiti da un mantenimento con lenalidomide o sola osservazione. I risultati dimostrano che il trapianto autologo migliora significativamente la sopravvivenza libera da malattia (PFS) (mediana 43 mesi verso 22,4 mesi; p < 0,001) e la sopravvivenza globale (OS) (81,6% a 4 anni verso 65,3%; p = 0,02) rispetto allo schema MPR. Il mantenimento con lenalidomide ha mostrato invece un vantaggio significativo rispetto a nessun mantenimento in termini di PFS (mediana 41,9 mesi verso 21,6 mesi; p < 0,001), ma non di OS (88% a 3 anni verso 79,2%; p = 0,14).
Nei pazienti con MM non eleggibili per trapianto autologo, l’efficacia della combinazione lenalidomide-desametasone a basse dosi, somministrata fino a progressione di malattia o per un numero prestabilito di cicli, è stata confrontata con lo schema classico melphalan-prednisone-talidomide (MPT) in uno studio randomizzato (Benboubker L et al. N Engl J Med, 2014;371:906-917) condotto su 1623 pazienti di nuova diagnosi. La PFS mediana, end-point primario dello studio, è risultata significativamente migliore nel braccio trattato indefinitamente con lenalidomide e desametasone rispetto al braccio trattato con 18 cicli della stessa combinazione o con MPT (25,5 mesi verso 20,7 mesi e 21,2 mesi, rispettivamente; p < 0,001 per entrambi i confronti). La OS a 4 anni è stata pari a 59%, 56% e 51%, rispettivamente, nei tre bracci (analisi ad interim).
Complessivamente, questi dati confermano che il trapianto autologo con melphalan ad alte dosi rimane l’opzione terapeutica più efficace nei pazienti con MM di nuova diagnosi. Nei pazienti anziani o ineleggibili per il trapianto, vantaggi significativi possono essere osservati con un regime orale senza alchilanti basato su lenalidomide e desametasone prolungato fino a progressione rispetto allo schema MPT.